martedì, dicembre 18, 2007

Dopo l'Assemblea della Sinistra e degli Ecologisti dell' 8 e 9 dicembre 2007 a Roma

Come essere efficaci e incisivi senza perdere identità, radici, percorsi, cultura politica?
Come costruire un soggetto capace di intercettare una massa critica adeguata alle domande sociali che ci interrogano senza per ciò stesso dover abdicare a quel ruolo di trasformazione della società che come Rifondazione Comunista abbiamo teorizzato e a quel tentativo di innovazione che abbiamo cercato di praticare?
Sono alcune delle domande che si pongono tante/i compagne/i, al di là della loro convinta partecipazione al progetto dell’unità a sinistra.
Perché la nostra convergente volontà di superare gli staccati e di mettere in comune le energie non è, né deve essere, una risposta politicista alla frammentazione del panorama politico o una mera pratica di sopravvivenza, ma dev’essere funzionale alla ricomposizione di un blocco sociale che si presenta parcellizzato, atomizzato, senza speranze.
Non è un compito facile.
Non voglio sminuire il tema dell’efficacia o meno della nostra presenza al governo o sottrarmi ad una valutazione su di essa - un tema centrale, visto che a gennaio andremo ad una verifica e successivamente ad una consultazione ampia e partecipata sull’esito della verifica stessa. Non c’è qui lo spazio per approfondire, ma ci sarà occasione di farlo nelle prossime settimane. Così come non posso negare la rilevanza del dibattito sulla legge elettorale, visto che dal suo esito può dipendere persino la stessa esistenza in questo Paese di una sinistra autonoma, radicale e radicata.
Però non posso non pensare che l’obiettivo dell’efficacia della nostra azione politica, la cogenza di dover rispondere, già ‘qui e ora’, ai vecchi e nuovi bisogni di tanta parte delle persone, cittadine o migranti, che vivono nel nostro paese, sia un’aspirazione più ‘alta’ e più di ampio respiro che l’essere o meno dentro il governo Prodi.
La sinistra, l’arcobaleno’ è l’inizio di un cammino, dall’esito non scontato, che dovrebbe condurci a non contrapporre le ragioni del lavoro a quelle della difesa dell’ambiente e della salute, a non separare l’esigenza di stabilizzazione e qualificazione delle/i precarie/i da quelle della sicurezza sul lavoro dei lavoratori dell’industria, a non cadere nella trappola del conflitto generazionale fra chi reclama pensioni dignitose e chi cerca disperatamente di entrare nel mondo del lavoro, a non gerarchizzare alcuni diritti rispetto ad altri, quando il tratto comune sia il miglioramento della condizione di vita.
Fuori dall’utopia e dal sogno, dobbiamo lavorare ad una sinistra che sappia ridare voce e far partecipare alla Politica precari, metalmeccanici, insegnanti, braccianti, ambientalisti, pacifisti, ricercatori, studenti, pensionati, donne uomini ragazze/i … Tutti dalla stessa parte, tutti uniti, con obiettivi comuni.
Al di là delle sigle e dei leader.

(mio intervento per il Comitato Politico Nazionale PRC-SE di domenica 16 dicembre 2007)

lunedì, dicembre 03, 2007

La nostra proposta sui costi della politica

Il gruppo PRC-SE alla Camera ha presentato in novembre una proposta di legge per abbattere i costi impropri della politica e della pubblica amministrazione. Uno sguardo 'da sinistra' per affrontare un tema 'caldo' dell'agenda politica.
Una riflessione che parte da lontano (il PRC ha presentato proposte di legge anche nelle legislature scorse) e che non nasce dal Vaffaday di Grillo o dalla Casta di Stella-Rizzo, ma che certo non disconosce il fatto che attualmente l'attenzione dell'opinione pubblica su questo argomento è maggiore che in passato.
Mi auguro che la nostra proposta possa interessare i visitatori di questo Blog. E mi farebbe piacere se qualcuno postasse qualche commento.
Ciao a tutti.

PROGETTO DI LEGGE SUI COSTI IMPROPRI DELLA POLITICA E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (AC 3213)

GIORDANO, MIGLIORE, MASCIA, FALOMI, ACERBO, BURGIO, CACCIARI, CARDANO, CARUSO, COGODI, DE CRISTOFARO, DE SIMONE, DEIANA, DIOGUARDI, DURANTI, DANIELE FARINA, FERRARA, FOLENA, FORGIONE, FRIAS, GUADAGNO, IACOMINO, KHALIL, LOCATELLI, LOMBARDI, MANTOVANI, MUNGO, OLIVIERI, PEGOLO, PERUGIA, PROVERA, ANDREA RICCI, MARIO RICCI, ROCCHI, FRANCO RUSSO, SPERANDIO, SINISCALCHI, SMERIGLIO, ZIPPONI

Il tema della riforma della politica non può essere separato dalla condizione generale del Paese, la crescita di disuguaglianze e di privilegi da parte di una precisa classe: gli imprenditori, i dirigenti top level pubblici e privati, i banchieri, i finanzieri, il giornalismo degli opinionisti da prima pagina, il mondo dello spettacolo e dello sport professionistico. L’insieme di questo mondo privilegiato non solo ha visto crescere in maniera esponenziale i propri profitti e i propri emolumenti ma gode, per la gran parte, di un regime fiscale di assoluto privilegio. Si è verificato un accrescimento esponenziale delle ricchezze mentre l’insieme del mondo del lavoro è arretrato nel potere di acquisto e il Paese intero è arretrato. Un aumento esponenziale, quindi, delle disuguaglianze come mai si è visto in questi ultimi decenni.
Milioni di lavoratori dipendenti e di pensionati hanno visto ridotto il potere di acquisto delle loro retribuzioni, hanno perso i meccanismi automatici di adeguamento alla crescita reale del costo della vita, vedono tassati i loro modesti aumenti contrattuali, che spesso costano ore di sciopero, all’aliquota fiscale più alta, addirittura subiscono una ulteriore erosione del loro reddito attraverso il meccanismo perverso chiamato fiscal drag.
Imprenditori e grandi manager, al contrario, hanno aumentato i loro redditi e, oltretutto, godono per gli incrementi dei propri emolumenti di regimi fiscali separati, in cui vi è un prelievo del 12,5% inferiore di oltre la metà a quello di lavori dipendenti e pensionati e ridotto del 50% rispetto alla media europea. Quando si parla di tassare le rendite finanziarie e i guadagni speculativi almeno quanto avviene in Europa, parliamo precisamente di intervenire per eliminare questa intollerabile condizione di privilegio. Di questi temi il gruppo Rifondazione comunista-Sinistra europea si occupa da dieci anni e non sente quindi il peso di una conversione tardiva alla riduzione dei costi della politica e della pubblica amministrazione: a tal proposito basti ricordare la nostra proposta della XIII legislatura (AC 6288).
Risulta, in questo contesto, veramente incredibile siano proprio i rappresentanti di questa classe privilegiata e favorita coloro i quali si ergono a paladini della moralizzazione e della buona politica. Il tema dei costi della politica, non può essere separato, inoltre, da quello del rapporto perverso tra affari e politica che rappresenta un peso insopportabile. I dati dell’ultimo rapporto internazionale sulla corruzione nel mondo parlano assai chiaro. L’Italia è al 41° posto nel mondo per la corruzione nel settore pubblico. Lo studio di Trasparency International, che investe 180 paesi in tutto il mondo, vede questo anno al primo posto la Danimarca, la Finlandia e la Nuova Zelanda con 9,4 punti. Vi è una stretta correlazione tra la corruzione e la povertà: il 40% delle nazioni che hanno un voto inferiore a 3 risultano infatti essere estremamente povere. E’ calcolato che ogni punto in meno di 10 nella classifica della trasparenza (l’Italia ha solo 5 punti) corrisponde al 16% in meno degli investimenti stranieri con conseguenze disastrose su Pil e occupazione. La corruzione ha un costo insopportabile per il sistema Paese: autorevoli fonti stimano infatti che il 2,5% del nostro Pil finisca in tangenti ed è possibile quantificare il danno provocato dalla corruzione nell’ordine di grandezza di 70 miliardi di euro. Il settore approvvigionamenti della Pubblica Amministrazione risulta essere uno dei settori più corrotti e sempre Trasparency International calcola che interessi il 20-22% del volume. Poco indagati e pubblicizzati sono i dati sulla corruzione interna alle aziende private a partire dalle grandi multinazionali che operano in Italia e quella diffUsa nei punti sensibili delle vendite e degli approvvigionamenti.
Affermiamo tuttavia la più netta contrarietà ad affrontare il tema attraverso il taglio dei livelli più decentrati della partecipazione: i consigli circoscrizionali, i consigli municipali, i consigli comunali. La questione, invece, consiste nel non separare, come fanno ipocritamente una gran parte dei mezzi di informazione che alimentano la campagna dell’antipolitica, i costi enormi scaricati sulla collettività dal rapporto tra affari e politica e dalla corruzione, dal peso crescente sui bilanci pubblici, dai costi indotti dall’impiego di consulenze esterne e dalle cosiddette esternalizzazioni, nonché dalla zavorra rappresentata dal proliferare di enti istituzionali di secondo livello (ognuno con consiglio di amministrazione, e collegio sindacale).
Giusta queste premesse abbiamo costruito una proposta di legge che si occupasse globalmente del problema, consapevoli del fatto che alcune norme non sono di competenza del Parlamento, ma delle assemblee legislative regionali o delle province autonome. Stiamo a tal proposito sollecitando un impegno coerente anche in quelle sedi dei rappresentanti di Rifondazione comunista-Sinistra europea e della sinistra tutta. Nel dettaglio la pdl si partisce in quattro capi: le norme sulle retribuzioni, sugli emolumenti nelle pubbliche amministrazioni e sulla responsabilità degli amministratori; le norme sulla composizione del Governo; le norme sugli enti locali e le regioni; le norme sulla soppressione di enti, centri, istituti, commissioni e autorità.
Il taglio ai costi impropri della politica e della pubblica amministrazione deve cominciare dal trattamento economico tanto dei parlamentari europei, nazionali e regionali quanto di coloro che a qualsiasi titolo ricevano un munus dalla pubblica amministrazione, non per caso è il primo articolo della nostra proposta normativa. Una simile proposta non può non tener conto del fatto che l’attuale trattamento dei parlamentari è in linea con quello dei membri di assemblee legislative dei principali Paesi europei. Si propone, conseguentemente, due limiti generali non demagogici bensì agganciati ancora alle più alte cariche della giurisdizione ordinaria: il primo, di carattere generale, fissa per qualsiasi emolumento a carico dello Stato il limite massimo pari al trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione, il secondo limite fissa le indennità parlamentari in un ammontare annuo massimo pari al ventesimo del trattamento complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di cassazione. Questo articolo quasi dimezza l’indennità parlamentare e, finalmente, riduce gli emolumenti per tutti gli altri pubblici funzionari o amministratori. Occorre intervenire sui costi della politica istituzionale, del sottogoverno, degli sprechi e delle spese clientelari ma salvaguardare il carattere pluralistico, democratico, proporzionale, decentrato e partecipativo del nostro sistema costituzionale. Ecco perché i tagli dimensionali possono riguardare gli apparati esecutivi di primo e secondo livello ma non le assemblee rappresentative ed i consigli.
A fronte di una riduzione corposa della composizione numerica parlamentare da noi sostenuta da varie legislature, ed in questa, per mezzo del progetto di legge costituzionale AC 2572, il nostro progetto di legge riduce in maniera significativa i componenti degli organi collegiali di tutte le società, le public authorities (artt. 2 e 22). Nondimeno viene ribassato il novero dei componenti degli organi di governo locale e nazionale riprendendo lo spirito del decreto legislativo del 30 luglio 1999 n. 300 opera di Franco Bassanini che ha riformato l’amministrazione governativa centrale e periferica in base ai principi contenuti nella legge 15 marzo 1997, n. 59. Il decreto n. 300 aveva infatti approntato una riduzione della composizione del Consiglio dei ministri a 12 Ministeri, ma tale riduzione è stata superata proprio dalla maggioranza politica cui prendiamo parte che ha erroneamente creato 101 posizioni di Governo. In forza degli artt. 5 e 6 la composizione numerica del Governo non può superare complessivamente le 60 unità delle quali: 16 relative ai Ministeri con portafoglio, 4 senza ai Ministeri senza portafoglio, 40 relative alle posizioni di sottosegretario tra le quali di 8 vice ministro.
L’art. 8, nella medesima ratio normativa, restringe il numero dei componenti le giunte comunali e provinciali fissando in un quarto il rapporto tra i consiglieri eletti direttamente dal popolo e gli assessori nominati dai sindaci e dai presidenti della provincia. Non intendiamo, invece, compromettere una relazione efficace e immediata tra elettori ed eletti quindi riteniamo controproducente ridurre i consiglieri comunali e provinciali, il cui numero – per verità – era già stato ridimensionato con l’approvazione del testo unico sugli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Il progetto non si esime dal proporre una perequazione del sistema delle autonomie locali. Non ci sottraiamo quindi dal proporre una corposa riduzione delle comunità montane, evitando che fruiscano di questo status comuni privi di un’effettiva connessione con territori montuosi, con l’art. 9, esattamente come, all’art. 10, non ci sottraiamo ad una riforma delle circoscrizioni del decentramento introducendo i municipi per i comuni sopra i 200.000 abitanti e confermando la possibilità di istituire le circoscrizioni per i comuni sopra i 100.000 abitanti e i per i capoluoghi di provincia. Vogliamo tuttavia depurare da scorie opportunistiche la passione politica, pertanto abbiamo accettato di ridurre la possibilità di godere di indennità e dello status di amministratore locale ai soli membri di organi comunali e municipali. L’abolizione delle indennità per i consiglieri circoscrizionali può consentire senza alcun aggravio finanziario il mantenimento della possibilità per i comuni superiori a 200.000 abitanti di istituire i municipi. Bisogna inoltre rimettere al centro il valore della responsabilità dell’eletto, del nominato o del dirigente pubblico nei confronti della collettività: per questo l’art. 4 reintroduce la giurisdizione della Corte dei conti per violazioni anche colpose della correttezza contabile e l’art. 3 annulla tutte le assicurazioni riguardanti la responsabilità contabile e per danni cagionati allo Stato o ad altri enti pubblici. Si tratta parimenti di corroborare un giudizio meno influenzato possibile dalla burocrazia politica da parte della Corte dei conti perciò l’art. 14 sopprime la nomina dei componenti integrati da parte dei consigli regionali o dei consigli per le autonomie.
I costi del sottogoverno locale e le spese d i rappresentanza sono i meno comprensibili ad una cittadinanza attenta al principio dell’art. 97 della Costituzione circa il buon andamento e l’imparzialità dell'amministrazione pubblica. Non possiamo quindi esimerci dal proporre dei limiti molto più stringenti alla partecipazione da parte degli enti locali a società aventi per oggetto servizi non strumentali alla loro attività (art. 11) nonché dall’abolire per questi enti, e ridurre per le regioni, la possibilità di acquistare o gestire sedi di rappresentanza in Paesi esteri (artt. 12-13).
Abbiamo infine voluto imprimere una svolta alla pubblica amministrazione cassando una serie di ‘enti inutili’ e di autorità indipendenti che altrimenti rappresentano doppioni di altri o svuotano il potere dei Ministri. Abbiamo conseguentemente proposto l’abolizione di 8 enti, segnatamente: l’Ente italiano montagna, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, il Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione, la Commissione per l’accesso agli atti amministrativi, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo, l’Istituto per la promozione industriale (artt. 18-21 e 23-24). Le public authorities rimaste in vita possono venir potenziate con un aumento del personale e delle professionalità ma in questo progetto di legge riduciamo i componenti degli organi collegiali rispettivamente dimezzandoli all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e riducendoli a cinque nella Commissione di garanzia per la regolamentazione del diritto di sciopero.


PROGETTO DI LEGGE
Capo I
NORME SU RETRIBUZIONI, EMOLUMENTI, PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI, RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI, PARTECIPAZIONE A SOCIETÀ

Art 1.
(Limite a retribuzioni ed emolumenti
a carico del pubblico erario)
1. Il trattamento economico onnicomprensivo di parlamentari europei e nazionali, consiglieri regionali, sindaci e presidenti di amministrazione provinciale, dipendenti e dirigenti pubblici, consulenti, membri di consigli di amministrazione e di collegi sindacali e titolari di qualsivoglia incarico, gli emolumenti dei quali sono a carico dello Stato, di enti pubblici e di società a prevalente partecipazione pubblica, non può superare quello del primo presidente della Corte di cassazione.
2. Nessun atto comportante spesa ai sensi del comma 1 può ricevere attuazione, se non sia stato previamente reso noto, con l’indicazione nominativa dei destinatari e dell’ammontare del compenso, attraverso la pubblicazione sul sito web dell’amministrazione o del soggetto interessato, nonché comunicato al Governo e al Parlamento.
3. In caso di violazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, l’amministratore che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo sono tenuti al rimborso in solido, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l’ammontare eccedente la cifra consentita.
4. L’articolo 1 comma 2 della legge 31 ottobre 1965 n. 1261 è così modificato “Gli Uffici di Presidenza delle due Camere determinano l'ammontare di dette quote in misura tale che non superino il ventesimo del trattamento complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di cassazione ed equiparate”

Art. 2.
(Riduzione dei componenti degli organi
di società a partecipazione pubblica)
1.I consigli di amministrazione delle società a capitale interamente o prevalentemente pubblico non possono essere composti da più di tre consiglieri.
2.I collegi dei revisori dei conti delle società a capitale interamente o prevalentemente pubblico non possono essere composti da più di tre sindaci.


Art. 3.
(Nullità di contratti di assicurazione)
1. È nullo il contratto di assicurazione con il quale un ente pubblico assicuri propri amministratori per i rischi derivanti dall’espletamento dei compiti istituzionali connessi con la carica e riguardanti la responsabilità per danni cagionati allo Stato o ad altri enti pubblici e la responsabilità contabile.
Art. 4.
(Ripristino della responsabilità
per colpa)
1. Al comma 1 dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni, la parola: «grave» è soppressa.

Capo II
NORME SU COMPOSIZIONE NUMERICA DEL GOVERNO
Art. 5.
(Numero dei componenti del Consiglio dei ministri)
1.Il comma 1 dell’art. 2 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 è così modificato: “1. Il Governo ha una composizione numerica di 16 Ministeri con portafoglio e 4 Ministeri senza portafoglio.”
Art. 6.
(Numero dei sottosegretari e vice ministri)
1. Il comma 1 dell’art. 10 della legge 23 agosto 1988, n. 400 è così modificato: “1. I sottosegretari di Stato sono nominati, in un numero massimo di 40, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro che il sottosegretario è chiamato a coadiuvare, sentito il Consiglio dei Ministri.”
2. Il comma 3 dell’art. 10 della legge 23 agosto 1988, n. 400 dopo il primo periodo è così modificato: «Fermi restando la responsabilità politica e i poteri di indirizzo politico dei ministri ai sensi dell’articolo 95 della Costituzione, a non più di otto sottosegretari può essere attribuito il titolo di vice ministro, se ad essi sono conferite deleghe relative all’intera area di competenza di una o più strutture dipartimentali ovvero di più direzioni generali. In tale caso la delega, conferita dal ministro competente, è approvata dal Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri».



Capo III
NORME SUGLI ENTI LOCALI E SULLE REGIONI
Art. 7.
(Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sulla retribuzione degli eletti)
1. Al testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 82, i commi 2, 4 e 11 sono abrogati ed è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«11-bis. Il Ministro dell’interno invia annualmente una relazione al Parlamento indicando il contenuto e le motivazioni del decreto di cui al comma 8 e l’ammontare della spesa relativa»;
b) all’articolo 85, il comma 1 è abrogato;
c) l’articolo 87 è abrogato.

Art. 8.
(Riduzione numero degli assessori)
1. Il comma 1 dell’art. 47 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 è così modificato, dopo le parole “stabilito dagli statuti” è così modificato: “che non deve essere superiore a un quarto, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a quindici unità”.
2. Il comma 5 dell’art. 47 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 è così modificato, dopo le parole “nelle seguenti misure”: “a) non superiore a 3 nei comuni con popolazione inferiore a 2.000 abitanti; non superiore a 4 nei comuni con popolazione compresa tra 10.000; non superiore a 5 nei comuni con popolazione compresa tra 10.001 e i 30.000; non superiore a 6 nei comuni con popolazione compresa tra 30.001 e 100.000 abitanti; non superiore a 7 nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 150.000 abitanti e nei capoluoghi di provincia con popolazione inferiore a 100.000 abitanti; non superiore a 8 nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 200.000 abitanti; non superiore a 10 nei comuni con popolazione compresa tra 200.001 e 300.000; non superiore a 12 nei comuni con popolazione compresa tra 300.001 e 500.000; non superiore a 14 nei comuni con popolazione compresa tra 500.001 e 1.000.000 di abitanti e non superiore a 15 nei comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti; b) non superiore a 5 per le province a cui sono assegnati 24 consiglieri; non superiore a 7 per le province a cui sono assegnati 30 consiglieri; non superiore a 9 per le province a cui sono assegnati 36 consiglieri; non superiore a 11 per quelle a cui sono assegnati 45 consiglieri.”

Art. 9.
(Introduzione di un limite altimetrico per le comunità montane)
All’articolo 27 comma 1 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 sono aggiunte dopo le parole “anche appartenenti a province diverse,” le parole “per comuni i cui territori almeno per il 60% siano situati ad un’altitudine almeno di 700 metri” .


Art. 10.
(Modifica allo status di amministratore locale e alle circoscrizioni del decentramento comunale)
1. L’art. 17 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 è così modificato: “1. I comuni capoluogo di città metropolitane o i comuni capoluogo di provincia con almeno 200.001 abitanti possono istituire organi di decentramento comunale denominati municipi i cui organi sono il presidente, la giunta ed il consiglio.
2. Gli statuti determinano le funzioni, l’autonomia organizzativa e funzionale, determinando, altresì, con il rinvio alla normativa applicabile ai comuni aventi uguale popolazione, gli organi di tali forme di decentramento, lo status dei componenti e le relative modalità di elezione, nomina o designazione. Il consiglio comunale può deliberare, a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati, la revisione della delimitazione territoriale delle circoscrizioni esistenti e la conseguente istituzione delle nuove forme di autonomia ai sensi della normativa statutaria.
3. I comuni con popolazione tra i 100.001 ed i 200.000 abitanti, nonché tutti capoluoghi di provincia, possono articolare il territorio comunale per istituire le circoscrizioni di decentramento non i municipi.
4. Per i membri delle circoscrizioni non sono previsti gettoni di presenza.”
2. Al comma 2 dell’art. 77 secondo periodo del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 sostituire le parole “nonché i componenti degli organi di decentramento.” con le parole “nonché i componenti degli organi istituzionali dei municipi.”
3. Il comma 2 dell’art. 82 è così modificato: “I consiglieri comunali, provinciali, municipali e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l'ammontare percepito nell'ambito di un mese da un consigliere può superare l'importo pari ad un terzo dell'indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8.”


Art. 11.
(Limiti alle società miste a partecipazione pubblica-privata di regioni ed enti locali)
1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 13 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, le amministrazioni pubbliche regionali e locali non possono assumere o mantenere partecipazioni dirette o indirette, anche di minoranza, in società che abbiano per oggetto la produzione di beni e servizi non strumentali alla loro attività o non strettamente necessari per il perseguimento delle loro finalità istituzionali.
2. L’assunzione di partecipazioni ai sensi del comma 1 deve essere autorizzata dall’organo competente con delibera motivata in ordine alla sussistenza di presupposti di cui al medesimo comma 1.
3. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, in attuazione da quanto previsto dal comma 2, le amministrazioni pubbliche regionali e locali cedono le partecipazioni con le modalità di cui all’articolo 13, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
Art. 12.
(Norme sulle funzioni fondamentali
degli enti locali ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, della Costituzione)
1. Non è consentito a comuni e province, anche in forma associata, acquistare o gestire sedi di rappresentanza in Paesi esteri.
2. Non è consentita a comuni e province, anche in forma associata, l’istituzione o la gestione in Paesi esteri di consulte, comitati, uffici di promozione economica, commerciale, turistica, culturale, o comunque lo svolgimento di attività dirette ai predetti fini.
3. Non è consentito a comuni e province, anche in forma associata, partecipare a soggetti pubblici o privati che svolgono le attività di cui ai commi 1 e 2, né sostenere attività da parte di terzi nell’ambito delle fattispecie di cui ai medesimi commi.
4. Non possono essere coperte con fondi derivanti da trasferimenti a qualunque titolo da parte dello Stato le spese sostenute da comuni e province, anche in forma associata, nell’ambito delle fattispecie di cui ai commi da 1 e 3.
5. Qualora i comuni e le province sostengano, anche in forma associata, spese ricadenti nelle fattispecie di cui ai commi 1, 2 e 3, una cifra pari alle spese da ciascun ente sostenute nell’anno è detratta dai fondi a qualsiasi titolo trasferiti allo stesso ente dallo Stato nel medesimo anno.
Art. 13.
(Norme di principio sul coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione)
1. Fatti salvi gli uffici di rappresentanza delle regioni presso gli organi dell’Unione europea, non possono essere coperte con fondi derivanti da trasferimenti a qualunque titolo da parte dello Stato le spese sostenute dalle regioni per l’acquisto o la gestione di sedi di rappresentanza in Paesi esteri.
2. Non possono essere coperte con fondi derivanti da trasferimenti a qualunque titolo da parte dello Stato le spese sostenute dalle regioni per l’istituzione o la gestione in Paesi esteri di consulte, comitati, uffici di promozione economica, commerciale, turistica, culturale, o comunque lo svolgimento di attività dirette ai predetti fini.
3. Non possono essere coperte con fondi derivanti da trasferimenti a qualunque titolo da parte dello Stato le spese sostenute da regioni ed enti locali per la partecipazione a soggetti pubblici o privati che svolgono le attività di cui ai commi 1 e 2, o per il sostegno di attività da parte di terzi nell’ambito delle fattispecie di cui ai medesimi commi.
4. Qualora le regioni sostengano spese ricadenti nelle fattispecie di cui ai commi da 1 a 3, una cifra pari alle spese da ciascuna regione sostenute nell’anno viene detratta dai fondi a qualsiasi titolo trasferiti alla regione stessa dallo Stato nel medesimo anno.
Art. 14.
(Soppressione della nomina regionale di consiglieri della Corte dei conti)
1. All’articolo 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131, il comma 9 è abrogato.
2. I consiglieri già nominati in applicazione della disposizione richiamata al comma 1 cessano dalla carica con effetto dalla data di entrata in vigore della presente legge. Dalla medesima data termina la corresponsione ai medesimi consiglieri degli emolumenti a qualsiasi titolo in precedenza percepiti.
Capo IV
SOPPRESSIONE DI ENTI, CENTRI, ISTITUTI, COMMISSIONI E AUTORITÀ
Art. 15.
(Abolizione EIM)
1. L’Ente italiano montagna istituito dall’art. 1 comma 1279 della legge 27 dicembre 2006 n. 296 è abolito. Le competenze dell’ente sono demandate ad un Segretariato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
2. Il funzionamento del Segretariato di cui al comma precedente viene disciplinato da apposito decreto della Presidenza del Consiglio.


Art. 16.
(Soppressione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture)
1. È soppressa l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, disciplinata dagli articoli 6 e seguenti del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.
Art. 17.
(Soppressione della COVIP)
1. È soppressa la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP), istituita ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni.
Art. 18.
(Soppressione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas)
1. È soppressa l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481, e successive modificazioni.
2. Le funzioni dell’Autorità soppressa ai sensi del comma 1 sono conferite all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che provvede a disciplinarne l’esercizio entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Art. 19.
(Soppressione del CNIPA)
1. È soppresso il Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA), di cui agli articoli 4 e seguenti del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, e successive modificazioni.
Art. 20.
(Soppressione della Commissione
per l’accesso agli atti amministrativi)
1. È soppressa la Commissione per l’accesso agli atti amministrativi, di cui all’articolo 27 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.
Art. 21.
(Soppressione dell’ISVAP)
1. È soppresso l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP), di cui agli articoli 3 e seguenti della legge 12 agosto 1982, n. 576, e successive modificazioni.
2. Le funzioni dell’ISVAP sono conferite all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che provvede a disciplinarne l’esercizio entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 22.
(Riduzione del numero dei componenti e indennità delle Public Authorities)
1.L’art. 1 comma 3 della legge 31/7/1997 n. 249 è così modificato “Sono organi dell'Autorita' il presidente, la commissione per le infrastrutture e le reti, la commissione per i servizi e i prodotti e il consiglio. Ciascuna commissione e' organo collegiale costituito dal presidente dell'Autorita' e da due commissari. Il consiglio e' costituito dal presidente e da tutti i commissari. Il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati eleggono due commissari ciascuno, i quali vengono nominati con decreto del Presidente della Repubblica. In caso di morte, di dimissioni o di impedimento di un commissario, la Camera competente procede all'elezione di un nuovo commissario che resta in carica fino alla scadenza ordinaria del mandato dei componenti l'Autorita'. Al commissario che subentri quando mancano meno di tre anni alla predetta scadenza ordinaria non si applica il divieto di conferma di cui all'articolo 2, comma 8, della legge 14 novembre 1995, n. 481. Il presidente dell'Autorita' e' nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri d'intesa con il Ministro delle comunicazioni. La designazione del nominativo del presidente dell'Autorita' e' previamente sottoposta al parere delle competenti Commissioni parlamentari ai sensi dell'articolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481.
2. L’art. 30 comma 6 della legge 31 dicembre 1996 n. 675 è così modificato “Al presidente compete una indennità di funzione non eccedente, nel massimo, la retribuzione spettante a presidente di Sezione della Corte di cassazione. Ai membri compete un’indennità di funzione non eccedente, nel massimo, i due terzi di quella spettante al presidente. Le predette indennità di funzione sono determinate, con il regolamento di cui all’articolo 33, comma 3, in misura tale da poter essere corrisposte a carico degli ordinari stanziamenti.”
3. L’art. 12 comma 3 della legge 12 giugno 1990 n. 146 è così modificata: “La Commissione è composta da cinque membri, scelti, su designazione dei Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, tra esperti in materia di diritto costituzionale, di diritto del lavoro e di relazioni industriali, e nominati con decreto del Presidente della Repubblica.”
4. L’art. 10 comma 3 della legge 10/10/1990 n. 287 è così modificato: “I membri dell'Autorità sono nominati per sette anni e non possono essere confermati. Essi non possono esercitare, a pena di decadenza, alcuna attività professionale o di consulenza, né possono essere amministratori o dipendenti di enti pubblici o privati, né ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura. I dipendenti statali sono collocati fuori ruolo per l'intera durata del mandato. Al presidente compete una indennità di funzione non eccedente, nel massimo, la retribuzione spettante a presidente di Sezione della Corte di cassazione. Ai membri compete un’indennità di funzione non eccedente, nel massimo, i due terzi di quella spettante al presidente.”
Art. 23.
(Trasferimento di funzioni conseguente alla soppressione di Centri, Commissioni e Autorità)
1. Salvo quanto disposto rispettivamente dagli articoli 13 e 16 con riferimento all’Autorità per l’energia elettrica e il gas ed all’ISVAP, le funzioni già svolte dalle strutture soppresse ai sensi del presente Capo sono attribuite alla Presidenza del Consiglio dei ministri o ai Ministeri competenti in ciascuna materia, secondo quanto disposto con regolamento ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Il personale dipendente in servizio presso le strutture soppresse ai sensi del presente Capo è assegnato ad altra amministrazione secondo quanto previsto dall’articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, con il riconoscimento delle condizioni economiche e normative applicabili presso le strutture di nuova assegnazione.
3. Decorsi tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, cessano dalla carica i commissari ed i membri delle strutture soppresse ai sensi del presente Capo, comunque eletti o nominati. Dalla medesima data termina la corresponsione ai medesimi soggetti degli emolumenti a qualsiasi titolo in precedenza percepiti.
Art. 24.
(Soppressione dell’IPI)
1. È soppresso l’Istituto per la promozione industriale (IPI), di cui all’articolo 17 del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito dalla legge 7 aprile 1995, n. 104.
2. Le risorse rese disponibili in applicazione della disposizione di cui al comma 1 sono destinate ai medesimi fini di promozione attraverso le strutture ordinarie dei Ministeri competenti per materia.