giovedì, settembre 20, 2007

Grazie a tutti quelli che hanno aderito...


Un enorme grazie per tutti coloro - parlamentari, amministratori, cittadine/i - che hanno aderito alla lettera-appello indirizzata al Domenici e Amato.
L'elenco completo e aggiornato lo trovate nel post dedicato.
La lettera è stata inviata solo martedì scorso, 18 settembre, perché le adesioni continuavano ad arrivare e non ci siamo sentite di non aggiungerle mano a mano.
Il testo completo e definitivo della lettera è il seguente (troverete in fondo alcuni paragrafi aggiunti dalla prima firmataria, Laura Veronesi, per personalizzare e concretizzare maggiormente i contenuti della prima parte):
"Lettera aperta al Sindaco di Firenze e al Ministro degli Interni
“IO NON CI STO… anzi NOI NON CI STIAMO”
E’ semplicemente aberrante tentare di manipolare l’opinione pubblica confondendo gli effetti della povertà con le sue ragioni, è orribile da parte di un’amministrazione comunale colpire chi viene sfruttato per coprire l’incapacità d’individuare chi sfrutta, è pericoloso per un’amministrazione comunale e per una società amministrata, ‘allenare ed essere allenati’ al disprezzo della povertà, della solidarietà sociale e dell’umana pietà .
Colpire gli ultimi per ignorare i primi è il metodo più farisaico per fingere d’imporre quella legalità sociale che tutti noi desideriamo.
Arrestare un lavavetri significa cancellare con una finzione scenica una macchia della nostra coscienza di amministratori, incapaci di far fronte al disagio sociale, cosa di nocumento assi più grande dello: “…sversamento delle lavature dei parabrezza…” dei lavavetri stessi (per utilizzare le parole dell’assessore Cioni nell’ordinanza fiorentina).
Fare il lavavetri, la prostituta od il manovale in nero, non è un “mestiere”, è una scelta obbligata per chi è costretto a fare di necessità umiliazione, senza alcuna virtù.
“Mestierante” è colui che con un’ordinanza si pone il fine di cancellare la consapevolezza che la povertà esiste e volge lo sguardo altrove… Agli Uffizi… A Palazzo D’Accursio… Dipende…
Nell’epoca della caduta dei muri, delle barriere doganali, nell’era del libero commercio e della’infinita circolazione delle merci, fa riflettere che s’induca alla costruzione di muri nelle menti delle persone… muri comodi entro cui confinare tutto ciò che non piace alle persone: la povertà innanzitutto. Quella della rimozione è una strategia legittima dal punto di vista freudiano, ma dal punto di vista amministrativo è una colpa.
Crolla il muro di Berlino, ma s’innalzano quelli dei CPT, delle barriere anti spaccio e si spalancano le porte delle carceri per i lavavetri. Questa è Libertà, Giustizia, Legalità sociale?
Io non ci sto e voi?
Non me ne voglia il Sindaco per i toni un po’ forti utilizzati in questa lettera. Non voglio certo essere irrispettosa nei confronti di un primo cittadino né verso un ‘collega’ assessore, ma esprimo la frustrazione di una modesta amministratrice di provincia, che tenta tutti i giorni di combattere contro le tentazioni razziste, frutto di una generalizzata insicurezza sociale, che rischiano di attirare i nostri civilissimi concittadini, a Firenze, come a Zola Predosa, come altrove.
Chiedo, quindi, al Sindaco di Firenze (e insieme a me i sottoscrittori di questa lettera) di ripensarci, di adottare atti amministrativi diversi dall’ordinanza in questione, un atto che colpisce e criminalizza un’intera categoria di persone, senza distinzioni tra quelli (tanti) che fanno i lavavetri per sbarcare il lunario in mancanza d’altro e quelli (pochi) che approfittano della loro condizione per molestare i cittadini.
Chiedo, altresì, al Ministro degli Interni (e insieme a me i sottoscrittori di questa lettera) di non far diventare l’ordinanza fiorentina un modello per una proposta uniforme sul territorio, ma di proporre agli Enti Locali un modello diverso, includente e solidale, aiutandoli a realizzarlo; un modello che tuteli i cittadini senza criminalizzare indiscriminatamente i lavavetri: se esiste un racket, è quello che va perseguito e punito, non le vittime; se si è in presenza di un reato commesso da un lavavetri, esiste già il diritto penale e le sue fattispecie. Chi è costretto a fare il lavavetri per sopravvivere testimonia con ciò stesso di voler lavorare e di rifiutare la strada meno ‘faticosa’ e più redditizia dell’illegalità penalmente rilevante (furti, rapine, spaccio di droga e via dicendo).
Attiviamo la nostra memoria collettiva e proviamo a dare risposte meno repressive e più sociali: non dimentichiamo che il ‘mestiere’ di lavavetri fu ‘inventato’ proprio dai nostri emigranti!
(NdR. a questo proposito, vi segnaliamo che la FILEF, Federazione Italiana Lavoratori Emigranti e Famiglie, ha acquisito i materiali relativi ai ‘mestieri’ degli emigranti italiani e organizza, di concerto con gli enti locali e con le scuole, una mostra sull’argomento dal titolo ‘Suonatori, Girovaghi e Lavavetri’; il mio comune, Zola Predosa, l’ha esposta nel dicembre 2006, con l’Alto Patrocinio della Presidenza della Repubblica).
Confido nella vostra attenzione, anzi ne sono certa, nel leggere questa lettera, cui hanno aderito parlamentari, amministratori, cittadine/i.
Laura Veronesi (ass. immigr. comune di Zola Predosa - Bo)
seguono 253 firme

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